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CAMBIA LO SHOPPING DEGLI ITALIANI: GUARDANO LE VETRINE, COMPRANO ONLINE
In Italia, nel 2012 l'e-commerce ha raggiunto un valore di 10 miliardi di euro, il 20% in più dell'anno prima. Un italiano su quattro osserva e prova i prodotti dal vivo, ma li acquista in rete per risparmiare fino al 70%. Su Internet vengono scambiate informazioni sempre più dettagliate. Anche i consigli medici viaggiano sulla fibra: le opinioni della Rete valgono più di quelle del farmacista.
Gli italiani si sono fatti furbi, specialmente ora che il portafogli piange e il web offre la possibilità di risparmiare. Un italiano su quattro infatti guarda le vetrine ma poi acquista online. Dall'abbigliamento ai farmaci. Una tendenza che è stata registrata dall'osservatorio di Alkemy, una società italiana specializzata nella consulenza digitale. Un mercato quello digitale che vale in Italia dai 3 ai 4 miliardi di euro e che nel 2012 ha assorbito il 16% degli investimenti: nel 2010 erano a quota 10% e si stima che nel 2015 potrebbero raddoppiare. Strategie che rincorrono la crescita dell'e-commerce, che nel nostro Paese valeva, nel 2012, 10 miliardi di euro, il 20% in più rispetto al 2011.
L'e-commerce punta sulla convenienza all'acquisto: online si può risparmiare anche il 70% sul prezzo dello scontrino "reale", ma per ovviare al dilemma del "se non tocco non compro", specialmente su acquisti come scarpe e abbigliamento, gli italiani hanno iniziato a integrare virtuale e reale: la metà di chi viene a conoscenza di un prodotto attraverso la pubblicità tradizionale, utilizza poi Google per avere più informazioni su un determinato prodotto. Informazioni che nel 50% dei casi possono modificare la decisione di acquisto, che nel 9% dei casi si materializza con lo shopping online. Se poi le ricerche vengono effettuate utilizzando lo smartphone (47%) nel 41% dei casi il prodotto si acquista direttamente in Rete, nel 28% invece si procede all'acquisto offline.
La Rete funziona come un Grande Fratello, che osserva le abitudini di consumo delle persone, in modo più o meno invadente, più o meno consapevole da parte dell'utente stesso. I social network in questa dinamica acquistano un peso via via maggiore: nel nostro Paese vivono 26 milioni di iscritti a Facebook (4 a Twitter), di cui il 29% responsabili dell'acquisto di prodotti in famiglia e la metà comunque coinvolti nel momento decisionale. Un tesoretto di clienti da non lasciarsi sfuggire: perciò aziende del calibro di AT&T, Dell, Starbucks, Nike, Coca Cola, Disney stanno investendo su app, customer care che utilizzano i social network, promozioni, online, e-coupon e store virtuali.
Come già detto il web non è solo una piazza virtuale per il tempo libero e gli acquisti non di prima necessità. Un terzo degli italiani lo usa sempre di più anche per trovare informazioni sulla salute: se il medico di base rimane la fonte primaria per ottenere informazioni mediche (56%), Internet sta prendendo sempre più piede (11%), e diventa più attendibile di parenti e amici (10%) o del farmacista (4%). Le più ricercate sono le informazioni sulle patologie (90%), sulle strutture a cui rivolgersi (59%). Si stanno facendo largo anche i servizi: il 15% prenota visite ed esami (15%), il 3% acquista farmaci (3%).
Ma l'attività più frequente è quella di scambiarsi opinioni e informazioni su patologie e farmaci. E in questo l'America è maestra: nel Paese delle cure fai-da-te, secondo l'analisi di Alkemy (su dati Forrester 2011), il 50% della vendita dei farmaci è influenzata dalle informazioni raccolte in Rete e il 7% degli acquisti avviene online. E l'accanimento per trovare soluzioni e rimedi in Internet ai propri malanni tocca tutti i canali multimediali: secondo una ricerca effettuata dalla Pfizer, ogni giorno sono più di 500 i gruppi che si incontrano solo per parlare di diabete; 36mila i video dedicati a interventi chirurgici, 170mila i pazienti iscritti a social network specializzati che parlano della loro condizione cronica e di possibili trattamenti.
E anche in questo settore fioccano app e siti ideati per controllare i valori glicemici nel sangue o il peso - soprattutto per i diabetici - oppure per aiutare i pazienti emofiliaci nella vita quotidiana. O ancora per tenere un diario della malattia, seguendone l'evoluzione.
Alkemy ha esaminato anche le parole più ricercate su Google: il nome dei principi attivi ha superato quello dei brand e se Aspirina e Tachipirina sono ancora i termini più cliccati dell'acido acetilsalicilico e del paracetamolo, le ricerche legate all'ibuprofene hanno superato quelle del Moment o dello Spidifen. Anche tra i mucolitici il brand prevale sul principio attivo: Fluimucil è ancora più ricercato dell'acetilcisteina.
Fonte: Repubblica.it